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  • Jessica Orienti, Educatrice

L’educativa domiciliare minori: quando i ragazzi entrano nel cuore

Com'è iniziata: mi chiamo Jessica Orienti e sono un’educatrice. Mi sono laureata in scienze dell’educazione nel 2013, ma prima di iniziare a svolgere la mia professione, ho dovuto attendere diversi anni, pertanto ho continuato a lavorare da Mc Donald’s. Dal 2016 al 2018 ho prestato servizio presso comunità per minori e strutture per nuclei mamma- bambino. Nel novembre 2018 è iniziata la mia avventura a Girotondo, ho modificato il mio campo di intervento, iniziando a lavorare con bambini con bisogni speciali, essendo impiegata sull’educativa scolastica e sull’educativa domiciliare.


Un servizio complesso

In questi anni mi sono occupata di diversi ragazzi, ma uno di essi mi è rimasto particolarmente nel cuore. Il ragazzo in questione mi ha arricchito particolarmente. Senza pronunciare il suo nome, userò la sua iniziale: la V.

L’educativa domiciliare non è semplice, perché si entra nelle dinamiche familiari, talvolta complesse e con un loro equilibrio ben delineato. Non sempre la famiglia percepisce la figura dell’educatrice come un aiuto o una risorsa, ma il più delle volte come una minaccia, come un’estranea che vuole (oserei dire): “imporre le sue conoscenze e le sue competenze”.


Cosa fare con V?

Con V. abbiamo svolto diverse attività. Abbiamo lavorato sui punti di forza del ragazzo: disegnando, ascoltando musica e riproducendo delle canzoni con la tastiera elettrica. Abbiamo lavorato sull’alfabetizzazione emotiva e quindi sulle emozioni, sull’importanza di essere sinceri e di non mentire.

Abbiamo lavorato sulle autonomie sociali, rafforzando la relazionalità con i suoi pari, cercando di instillare in lui sia quanto fosse importante non sentirsi mai inadeguato per il suo aspetto fisico (il ragazzo aveva una problematica fisica evidente); sia quanto altrettanto fosse importante la ricerca della verità e il rispetto verso gli altri, verso i genitori, ma soprattutto di non smettere mai di credere nei propri sogni, facendo il possibile per realizzarli.



Uno scambio reciproco

Con V. c’è stato uno scambio e per me un arricchimento sia personale che professionale. Ho cercato di fornirgli strumenti e indicazioni per migliorare e per cercare la sua identità del sé, senza cedere ai condizionamenti esterni. Il rapporto con questo ragazzo mi ha arricchito notevolmente.

Io definisco il mio lavoro un “lavoro santo” e nel mio piccolo mi sento benedetta nel poterlo svolgere, anche se non nego talvolta la complessità di tale compito, avendo tra le mani la crescita di questi giovani, che comunque nel loro piccolo vedono in noi adulti delle figure di riferimento e di esempio per il loro accrescimento psico- fisico ed educativo.

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